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Bici, calcio, rugby: Sanson, che storia

teofilo sanson
Gli uomini passano, i ricordi restano, e l’amico Teo continuiamo a ricordarlo, la sua gentilezza, la disponibilità, il sorriso e i consigli di un imprenditore vero, e stato bello averti conosciuto ed aver visitato una creatura con oltre 200 figli, simbolo di alta qualità.

FINE DI UN’ERA. L’ingresso dell’imprenditore di Conegliano nel mondo delle due ruote, il capitolo Udinese e le sfide – vinte – con l’Avvocato per ospitare le corse iridate
Dalla scritta «ricamata» sul prato dello stadio Friuli alla scoperta di Merckx e al legame con Moser: quando il «re del gelato» era anche un re nello sport
Non solo «re del gelato». Teofilo Sanson, il cui marchio resterà un ricordo dopo la scelta dei nuovi proprietari di «accantonarlo», è nella storia del ciclismo, del calcio, del rugby. Il gruppo Bagnoli, primo produttore italiano di gelati, da qualche anno padrone dello storico stabilimento di Colognola ai Colli, ha deciso di sacrificare il brand ma non può cancellare trascorsi meravigliosi. Oltre le discipline. Oltre il valore e l’importanza delle singole imprese. Ma è la fine di un’era, non della leggenda di Sanson. La bici è la passione di Sanson. Su quella ha cominciato, a Torino. Sopra c’era un modesto chiosco di gelati. Diventa presto laboratorio, poi industria. Fantasia e imprenditorialità non mancano a Teo. La prima lo soccorre nel 1976, l’anno del suo ingresso nel mondo delle due ruote col marchio Sanson, quando rileva anche l’Udinese calcio che, in quattro anni, risale dalle serie C alla A. C’è da diffondere l’immagine e Teo si inventa di far risaltare sull’erba dello stadio Friuli una grande scritta Sanson. I tosaerba lavorano bene. Non si potrebbe, lui lo sa, quella scritta bisogna toglierla subito, ma intanto una partita è passata, tutta l’Italia ha visto in televisione, i media ne hanno parlato diffusamente e la promozione del marchio prende slancio. A chi gli chiede: «Ma chi te l’fa fatto fare a prendere l’Udinese?», risponde: «Non ho mai venduto così tanti gelati come da quando ho fatto questa scelta». Nel calcio, Teofilo sostiene anche il Conegliano e il Chioggia Sottomarina perché più che alla vetrina, guarda alla base. Gli anni dell’Udinese e del ciclismo sono anche gli anni del rugby: il Sanson Rovigo conquista gli scudetti nel 1976 e 1979. Teo è sportivo a tutto tondo. Guarda alla sua azienda, ma è passione vera quella che lo avvicina allo sport. Quella per il ciclismo, poi, è straripante. Se l’avventura nel calcio è frutto di una strategia ben precisa, se quella nel rugby è doverosa «per i valori che trasmette questo sport di forza, intelligenza, fair play», come ebbe a dire, quella nel ciclismo nasce dal cuore. La bici è sangue del suo sangue. Ne terrà, ne tiene, sempre una in casa. Sanson ha intuito. Scopre Eddy Merckx prima degli altri, ne intuisce subito l’enorme potenziale, lo contatta, «ma poi, per fare un favore a Giacotto, lascio perdere». Gli rimane «la soddisfazione di aver visto giusto prima degli altri». Entra decisamente nel ciclismo qualche anno dopo. Il suo alfiere è Francesco Moser che, dal 1976 al 1980, gli regala 129 vittorie, circuiti compresi. Dentro ci sono undici tappe del Giro d’Italia, il campionato del mondo dell’inseguimento (1976), il Mondiale su strada (1977), il Campionato di Zurigo (1977), il Giro di Lombardia (1978), la Gand-Wevelgem (1979), il campionato italiano (1979), la Freccia Vallone (1977) e tre Parigi-Roubaix consecutive (1978, 1979, 1980). Il marchio Sanson è sul tetto del mondo. «Che anni quegli anni», dirà poi Teofilo. «Francesco mi ha dato tanto, mi ha regalato grandi emozioni». Ma gli ha fatto anche un… «grave torto». Teo lo dice sorridendo, anche abbracciando Moser, che sempre è stato e sarà una sorta di figlioccio: «È andato a vincere il Giro d’Italia con la maglia di una ditta concorrente della Sanson. E per di più a Verona. Così mi è rimasto il cruccio di non aver mai vinto la corsa rosa». Ma è sicuro che, quel 10 giugno 1984, all’Arena, Teo abbia fatto un gran tifo per «Moseron», tanto da essere stato «il primo ad abbracciarlo dopo il trionfo». Teofilo Sanson è quello che, nella sua azienda, mangiava a mensa con gli operai, quello che ama andare più volte, da solo, nel piccolo cimitero di Scomigo davanti alla tomba della mamma. E quello che ha «la soddisfazione di battere l’Avvocato Agnelli nella sfida per organizzare il campionato del mondo del 1999». Quello, ancora, che guarda al ciclismo in rosa e sostiene Fabiana Luperini negli anni dei successi al Giro (tre) e al Tour (quattro), quello che sostiene per più anni una corsa intitolata Trofeo Sanson (a Verona il 24 agosto 1988, premondiale con le Torricelle e arrivo in piazza Bra, vinta da Gianni Bugno con un minuto e 20” su Claudio Chiappucci), quello che organizza tendoni enogastronomici nei giorni dei Mondiali in qualsiasi sede siano perché, per lui, ciclismo è incontro, è convivialità, turismo, vicinanza, di amicizia, sport di valori e di valore, quelli che Teofilo Sanson testimonia nel lavoro, nello sport, nella famiglia.
Teofilo Sanson lascia la vita terrena a Verona lo scorso 31 Gennaio 2014 Winners announced 5 promo codes https://spying.ninja/ for moneywiz up for grabs ipad

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